La maschera: un alleato del counseling olistico

da | 28 Feb 2023 | News

Protagonista indiscussa del Carnevale, insieme al travestimento, siamo abituati a considerare la maschera come un elemento che nasconde qualcosa. E se, invece, svelasse una realtà?

La duplice valenza della maschera, di celare e di svelare, la possiamo ritrovare fin dall’antichità.

Pensiamo, ad esempio, al teatro antico e alla commedia dell’arte: forme di intrattenimento ed educazione che affidano alla maschera il compito di rendere comprensibili a coloro che le guardano il ruolo e le caratteristiche di un determinato personaggio.

Questa caratterizzazione è una forma di disvelamento che si basa su regole sociali, di norma ampiamente accettate e diffuse, che permettono di identificare attraverso la maschera i personaggi, le loro caratteristiche, il loro tipo psicologico (il buono, il cattivo, il ladro, l’imbroglione ecc.) ma nel contempo celano l’individualità di colui che indossa la maschera.

Proprio perché la maschera racconta delle caratteristiche, ossia da forma narrativa ad un determinato tipo di realtà, che viene raccontata attraverso le azioni di questi personaggi, possiamo quindi dire che abbia anche una forte valenza di tipo simbolico.

Il simbolo costituisce qualcosa che rimanda a qualcosa d’altro ma nel contempo lo trascende, e lo fa attraverso la sua capacità di evocare un’energia più che una semplice idea.

Il richiamo energetico è estremamente forte, tanto da essere in grado di penetrare nella coscienza attraverso un linguaggio immaginale, che permette di fare esperienza diretta dell’energia che si trasmette proprio con il simbolo.

Quando parliamo di energie, parliamo anche di un processo.

Un processo che coinvolge l’attivazione di una parte della nostra coscienza, che agisce attraverso le emozioni.

Le emozioni hanno il preciso compito di attivare una serie di risposte, anche fisiologiche, che fanno parte di quella che comunemente viene chiamata esperienza ma che possiamo più correttamente definire come la creazione stessa della realtà individuale.

Una realtà in cui i confini sono dettati dalle percezioni che avvengono durante l’esperienza, e che possono essere più o meno sensibilizzate ad accogliere influenze di fattori sia oggettivi sia puramente energetici.

Questo tipo di processo è conosciuto fin dall’antichità e se lo osserviamo da un punto di vista antropologico, lo ritroviamo comunemente esperito nella ritualità di tipo sciamanico o, meglio ancora, in quel particolare stato di coscienza conosciuto come trance.

Negli antichi riti sciamanici lo sciamano entra in contatto con le energie degli spiriti, degli animali e degli antenati invitandoli ad abitarlo attraverso il ritmo, il movimento del corpo e la maschera, ossia l’immagine simbolica.

L’esperienza di tipo sciamanico è un’esperienza dove i confini vengono ampliati e avviene proprio questo  processo di incarnazione della sensibilizzazione alle energie esterne, di apertura a quello che possiamo considerare un mondo sottile, cioè non visibile ad una percezione ordinaria.

La maschera incarna un tipo specifico di energia e rende possibile l’esperienza della stessa attraverso un processo che possiamo considerare anche di tipo psicologico.

Indossare, infatti, la maschera ed entrare in contatto con le sue caratteristiche simboliche permette di far emergere l’esperienza psicologica delle emozioni collegate al tipo simbolico che essa veicola.

Emozioni che sono già presenti nella coscienza dell’individuo ma che questo non conosce in maniera diretta e di cui, quindi, non ho avuto modo di fare esperienza.

Si tratta di un’immersione in un altro, che però altro non è che una parte di sé.

In questo senso, possiamo dire che la maschera rivela all’individuo una parte viva e autentica del Se’ ma che spesso l’individuo stesso ritiene inaccettabile oppure irraggiungibile, attraverso un’attivazione dell’ego causata da convinzioni e convenzioni legate alla società oppure a concezioni autolimitanti imposte da un mito personale o familiare.

Ecco quindi che l’atto di indossare una maschera diventa un atto simbolico, che rivela all’esterno un personaggio ma, nel medesimo tempo, descrive e rende disponibile all’esperienza della persona una parte non conosciuta o non accettata e ben integrata della psiche dell’individuo stesso.

Questo processo, può avvenire perlopiù in maniera inconscia.

In realtà il mascheramento socialmente accettato che avviene in determinati periodi dell’anno e in determinati contesti, è probabilmente uno dei modi più antichi che l’uomo ha escogitato per poter manifestare tutti gli aspetti di sé, compresi quelli meno accettabili.

Aspetti legati alla brutalità, alla violenza, alla forza incontenibile che appartiene alla natura ma che in un contesto sociale non sono funzionali alla sopravvivenza stessa.

Il riconoscimento e l’integrazione delle proprie maschere “mostruose”, che passa prima da un accoglimento cosciente delle energie che ci abitano, è un processo estremamente importante per un percorso evolutivo di crescita personale.

Le parti “ombra“ sono energie che ci abitano e che possiamo utilizzare ma che finiscono per dominarci completamente se vengono negate. Meno siamo coscienti della loro esistenza, più siamo vittime di comportamenti che possono danneggiarci.

Oltre a questo, accogliere i nostri processi interiori – che sono comunque processi comuni a tutti proprio perché condividiamo con gli altri la natura umana – ci permette di liberare in maniera attiva (e non distruttiva) una serie di energie che sono comunque vitali e autentiche, e che meritano uno spazio anche nella nostra vita sociale, ordinata e regolata da una serie di convenzioni.

Scegliere coscientemente di indossare una maschera è in grado di rivelare molto di più della nostra natura profonda di quanto, invece, non accade quando crediamo di non indossarne una.

Muoversi all’interno della società implica imparare a riconoscere le varie “maschere“, ossia tipi psicologici che agiscono nel mondo materiale, sia che noi li agiamo sia che noi li subiamo.

Muoversi nella società in modo sano ed autentico implica anche non lasciarci definire dalle maschere che mettiamo in atto e con le quali veniamo in contatto.

Le nostre energie, come quelle naturali, sono fluide e si incanalano temporaneamente in tipi e personaggi, che possono essere appunto funzionali a rispondere a una determinata situazione. Ma quando queste energie si irrigidiscono finiscono per diventare delle vere e proprie trappole.

Vivere una vita piena significa fare esperienza, ossia venire in contatto con energie diverse, mobili, fuori dalla nostra zona di conoscenza acquisita, proprio per permetterci di conoscere oltre, di conoscere di più e meglio.

Veniamo abituati fin dalla più tenera infanzia a definirci ma non veniamo invitati e nemmeno stimolati a rinegoziare coscientemente queste definizioni.

Poiché le energie continuano a muoversi dentro di noi, anche se cerchiamo di bloccarle, in qualche modo riescono sempre a trovare una strada per potersi esplicare.

Più si attuano comportamenti rigidi nei confronti di determinati “personaggi“ e più ci stiamo impedendo di fare un’esperienza e ci isoliamo non solo dagli altri – attuando in extremis anche comportamenti violenti – ma nelle profondità ci stiamo isolando da noi stessi e da quella che è la nostra natura, ingabbiandola in contenitori troppo piccoli.

Abbiamo spesso paura di provare a essere qualcun altro perché temiamo di perderci, perché temiamo di non essere più accettati da quello che consideriamo il nostro mondo, perché temiamo di doverci mettere in discussione.

E soprattutto, forse, temiamo di trovarci veramente.

Lavorare con le maschere in maniera consapevole ci permette quindi di esplorare tutte quelle parti di noi che non conosciamo o che ripudiamo in qualche modo, ma ci permette anche di entrare in contatto più profondo con le energie che ci muovono e alle quali noi attribuiamo una valenza positiva.

Acquisire un’esperienza diretta, profonda e potente – come avviene attraverso l’incontro materiale con il simbolo – anche di quelle energie che noi consideriamo positive, ci permette di riconoscere una serie di emozioni che ci danno forza e alle quali possiamo rivolgerci anche nei momenti di difficoltà.

Ecco quindi che il lavoro con la maschera diviene anche una ricerca di forza e di motivazione.

Una ricerca che permette l’integrazione di tutte le esperienze, dandoci l’occasione di superare il giudizio, e quindi il confine, che la nostra mente pone riguardo alle modalità in cui le energie si esplicano dall’interno verso l’esterno.

Ma che permette anche di superare il confine tra quello che è “possibile“ e quello che normalmente viene considerato “impossibile“. Una modalità operativa per mettersi letteralmente “nei panni di un altro” e riconoscere che l’altro non è che una parte possibile di noi.